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A cura di Floriano Del Volga




SCASSANEVE E I SETTE NANI

Era una fredda giornata d’inverno; bianchi fiocchi di neve cadevano volteggiando dal cielo mentre la bellissima regina sedeva vicino la finestra, ricamando e guardando Buona Domenica alla TV.
Tanto era il fracasso che proveniva dal televisore, che la regina pensò: ”Accidenti, se potessi avere un bambino vorrei che avesse la pelle bianca come questa neve e che fosse muto!”.
Non passò molto tempo che ella diede alla luce una petulante bambina con la pelle candida, le gote rosse ed una voce stridula e fastidiosa come un trapano elettrico, tanto che da Biancaneve (suo nome originario), tutti gli abitanti del reame presero a chiamarla Scassaneve, per via della sua capacità di rompere le palle di neve. Purtroppo la regina non resse al lieto evento, e morì ben presto di otite. Un anno dopo il re si risposò; la sua seconda moglie era bella, ma anche gelosa e crudele. Possedeva uno specchio incantato, a cui chiedeva almeno una volta al giorno: ”Specchio, specchio delle mie brame, son più bella io di un secchio di letame?”. Ed ogni giorno lo specchio rispondeva: ”Che palle, mi fai continuamente le stesse domande: ti ho già detto si, SI, SIII!!!”.
Scassaneve
Intanto però Scassaneve cresceva e diventava sempre più bella e petulante, anche se ormai era odiata e temuta da tutti come una ginocchiata nelle gengive; solo il bellissimo principe Eustachio, da sempre sordo come una campana, ebbe l’ardire di chiederla in sposa. La crudele regina incominciò presto a nutrire una sfrenata invidia nei confronti della fanciulla, finché un malaugurato giorno, rivolgendosi allo specchio fatato, chiese: ”Specchio, specchio delle mie brame, chi è la più bella fra le donne nostrane?”. Lo specchio, stavolta, rispose: ”Tu sei bella, regina, ma Scassaneve è più bella di te. In ogni caso siete due rompicoglioni!”. La regina, pazza di rabbia, convocò il più abile cacciatore del palazzo e gli ordinò di uccidere la fanciulla e di portarle la sua lingua in uno scrigno. Il cacciatore, che in fondo era un uomo mite e gentile, accettò a malincuore, e così il giorno dopo accompagnò con una scusa Scassaneve nella foresta. Ma quando la fanciulla cominciò a tempestarlo di domande ed a raccontargli tutta la sua infanzia nei minimi dettagli, allora il cacciatore capì che non sarebbe mai riuscito a farle del male prima che il suo cervello fosse ridotto in poltiglia, così si strappò il cuore a mani nude e se lo infilò nelle orecchie, operazione che purtroppo gli costò la vita.
Intanto Scassaneve, rimasta sola nel bosco, cominciò a correre spaventata senza sapere dove andare, finché vide in lontananza una minuscola casetta. Bussò: non c’era nessuno, ed allora spinse la porticina ed entrò, superando stoicamente la zaffata di cacca che la investì appena schiuse l’uscio. Ai suoi occhi si presentò uno strano spettacolo: sette piccole sedie impolverate, sette piatti sporchissimi, sette camicine sudice, sette bidè colmi di ragnatele. La fanciulla non stette a pensarci due volte, così si fece una buona antitetanica e poi salì al piano superiore. Lì trovò sette lettini di legno che puzzavano di fogna, e su ciascuno di essi era inciso un nome: Sozzo, Caccolo, Lavalo, Stitico, Putrido, Lurido, Picchialo. “Che strani nomi”, pensò Scassaneve, dopodiché spaccò tutti i vetri per far entrare un po’ d’ossigeno, si sdraiò sull’unico lettino da cui si intravedeva ancora il bianco delle lenzuola (quello di Picchialo) e si addormentò.
Quando i nani tornarono dallo Stabilimento per la produzione e lavorazione del concime, del quale erano soci fondatori, si accorsero subito che in casa c’era qualcuno, e salirono al piano di sopra in punta di piedi e con le gambette tremanti.

...Continua...

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