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A Napoli splendida storia di solidarietà tra uomini e felini
IL GATTO CHE SUSSURRAVA AI CAVALLI
Non solo i cani sanno essere i migliori amici dell’uomo: ecco la testimonianza di una persona che deve la propria vita ad un gatto


Napoli -
Sono le sei e mezza del mattino quando arrivo a casa del sig. Pasquale Cavalli; come è tutto più autentico a quest’ora, la frenesia del tran-tran quotidiano non ha ancora alterato l’ambiente, e le cose hanno un sapore semplice e vero, come la storia che dovrò ascoltare.
Appena busso alla porta il sig. Cavalli, ancora assonnato, mi accoglie con tutto il calore e la gentilezza tipiche della gente del Sud; poi mi spiega gentilmente che lui non si alza mai prima delle dieci meno un quarto e così torna a dormire, dopo avermi cortesemente fatto accomodare sul tappetino del pianerottolo.
Quando la porta si riapre sono le dieci e mezzo. È bello accomodarsi finalmente in poltrona ed assaggiare il sapore del caffè napoletano, anche se la tazza che mi ha dato la signora Emilia (la moglie di Pasquale Cavalli -ndr) è stranamente più larga e profonda del normale, ha un odore molto forte e vi è impressa su di un lato la scritta “Minù”, ma forse è solo una di quelle tazze antiche della tradizione napoletana.
Mentre sorseggio la bevanda, fa capolino dalla porta un gatto dolcissimo, con occhi incredibilmente espressivi ed un fare amichevole. “Ecco, le presento Veruska” - dice il sig. Pasquale - “Sa, io ho avuto decine di gatti, ma a questo tengo particolarmente; deve sapere che lei mi ha salvato la vita, ed io ricambio viziandola forse un po’ troppo”. Intanto la micia mi si avvicina con aria socievole e, dopo avermi sottratto con una zampata la ciambella che stavo portando alla bocca, mi fa pipì sulle scarpe di pelle. “Non ci faccia caso, è fatta così: sembra un po’ prepotente, ma in realtà ha un cuore d’oro. Se vuole le racconto la storia…”. “Si, la prego me la racconti subito”, lo interrompo io, anche perché Veruska è occupatissima ad affilarsi le unghie sul mio borsello e non so per quanto ne avrà ancora.
Inizia così il racconto del sig. Cavalli: “Era un sabato sera; mia moglie era andata con la nuora ad una mostra di gatti ed io ero solo in casa con Veruska. Mentre guardo la televisione, dopo cena, avverto dei fortissimi dolori addominali, che mi costringono a stendermi a terra in preda a violenti spasmi. Sono quasi privo di sensi, quando vedo Veruska avvicinarsi con il telefono in bocca; cerco di chiamare il Pronto Soccorso, ma non ce la faccio e cerco di farle capire come si fa. Lei capisce al volo e compone il numero, ma purtroppo ci avevano staccato la linea due giorni prima. Veruska non si perde d’animo, e cosa ti fa? Apre la porta di casa e va a bussare al campanello della nostra vicina, la signora Cacopardo; ma, dopo diversi ed inutili tentativi, si rende conto che neanche lei è in casa. Allora viene il bello: Veruska scende le scale e prova ad aprire il portone del palazzo, che però è chiuso a chiave; è quindi costretta a risalire e, non sapendo dove tengo le chiavi del portone, si procura un cacciavite a stella dalla cassetta degli attrezzi e con esso svita la serratura del portone. Una volta fuori, Veruska chiede un passaggio ad un ragazzo in vespa, facendogli capire che deve condurla urgentemente al primo ospedale, da cui arrivano, nel giro di pochi minuti, sette ambulanze ed una schiera di primari e di infermieri pronti a tutto. Pensi che dopo un’altra decina di minuti sono accorsi anche i miei cinque fratelli con le rispettive mogli, più i miei cugini Alfonso e Sasà, che lei stessa aveva avvertito telefonicamente, chiamando dal cellulare di uno dei portantini. Non so se anche la fortuna mi abbia dato una mano, e non mi interessa neanche cosa sostengono gli altri: l’unica cosa certa che so è che se al risveglio mi sono ritrovato in ospedale è grazie a questa gatta, a cui debbo la mia vita ed alla quale sarò eternamente grato”. Resto strabiliato. “Ma è incredibile” - rispondo senza fiato - “Una storia così deve fare il giro del globo! Questa gatta ha delle capacità fuori dal comune!”, esclamo indicando Veruska che, intanto, sta facendo la cacca nella tasca destra della mia giacca.
“Mi scusi”, chiedo al sig. Cavalli per un’esigenza di completezza, ”Ma se lei era svenuto e si è risvegliato solo in ospedale, come fa a sapere tutto quello che ha fatto Veruska?”. “Gesù, me lo ha raccontato lei, naturalmente…”, mi sento rispondere.
Lascio casa Cavalli ad ora di pranzo; i graffi che ho sulle mani ed i polpacci testimoniano che il rapporto tra uomini e felini a tratti può essere difficile, ma è pur sempre il rapporto tra due specie amichevoli e sincere. Ma non mi sento di dire altro; a quest’ora i rumori del tran-tran quotidiano hanno già avvolto ogni cosa, e tutto sembra piuttosto vago e confuso…

Beato Dallapecora


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