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Gentili lettori di frattaglie, sono il vostro Calogero Fragaglia.
Spero che la mia assenza non abbia troppo nuociuto al vostro lobo parietale sinistro (il destro, per antiche motivazioni personali, non mi riguarda).
In questi mesi ho peregrinato lungo le scogliere di Dover per ammirare uno spettacolo suggestivo: frotte e frotte di teneri roditori hanno organizzato un torneo di tuffi a squadre. Prendevano la rincorsa dalle foreste vicine e si gettavano nel vuoto, capaci delle più spettacolari evoluzioni; lo stile che ha riscosso più successo è stato il triplo carpiato al contrario con due dita nel naso e una cravatta legata alla caviglia destra: bellissimo!
Peccato solo che sono tutti morti: la premiazione è stata davvero un funerale (e scusate il vago gioco di parole). Comunque sia, se ancora non vi sembra una valida giustificazione, vorrà dire che per la prossima rubrica verrò accompagnato dai miei genitori.

La scoperta della Ruota

In ogni caso, oggi sono qui per raccontarvi che proprio mentre seguivo il carro funebre dei tuffatori, ho realizzato come potesse essere sconcertante l’ipotesi in cui, se fossero mancate le ruote, sarebbero servite delle tartarughe giganti delle Galapagos legate al carro, per evitare alle dame di Dover di trainare le salme con la sola forza dei pollici (lì si usa così, non ve la prendete con me: non hanno nessun rispetto per le dita opponibili…). Fu proprio dopo queste mie elucubrazioni che decisi in un baleno di staccarmi dal corteo e, dopo aver salutato i parenti degli atletici roditori di Dover, correndo tornai a casa a dedicarmi agli studi più “matti” e disperatissimi su “La scoperta della ruota”.
Ecco i risultati delle mie ricerche:

La prima fondamentale notizia da cui partire è la seguente: la prima ruota sicuramente non era di forma circolare!
Forti sospetti e numerose testimonianze ricordano e parlano di una vecchia ruota trapezoidale in rame purissimo che, già ai tempi degli antichi egizi, era utilissima affinché lo sforzo degli schiavi fosse massimo e tale da procurare loro inguaribili ernie del disco (unica forma circolare allora conosciuta).
La storia della ruota prosegue e si arricchisce di anno in anno, di era in era, di giorno in giorno.
Da un vecchio testo consigliatomi dal mio amico Rodrigo Alvaro Simon Maria Palombo si evince chiaramente come i romani fossero fieri di avere inventato la “rotam – rotis – rotamus – rotata - rotolantibus”: utensile di dubbia e irregolare forma e dall’utilità indefinita che comunque veniva usata nella maggior parte dei casi per il trasporto di nuovi e affascinanti cibi. Non era raro che essa si presentasse corredata di variopinte decorazioni a carattere ornamentale a seconda della sua declinazione. C’è da aggiungere inoltre che l’anno successivo alla sua scoperta, uno stolto la osò chiamare “piattum”, volgarissimo titolo tutt’oggi rimasto alle porcellane dedite al trasporto delle vivande in tavola. Ma tant’è…
Ma è sicuramente il popolo etrusco quello che nella storia fece dell’invenzione della ruota l’utilizzo indiscutibilmente più sciocco: il nome ruotas era associato infatti ad un disco di ferro dentato facilmente visibile a chi osserva attentamente gli ingranaggi dei mulini degli stessi etruschi: tale diavoleria era, a detta loro, “il motore unico del mulino”, il pezzo che lo metteva in funzione e ne assicurava l’affidabilità tecnica.
Che sciocco popolo gli etruschi.
Di contro è proprio dei giorni nostri l’esempio lampante di come la tecnologia e la scienza
tutta abbiano fatto passi da gigante e abbia finalmente restituito alla ruota ciò che era ed è suo: grazie al grande Mike Bongiorno le è stato riaffidato quel ruolo che era a lei proprio fin dalla notte dei tempi. Le è stato restituito proprio tutto: i suoi colori fluorescenti e fastidiosissimi che provocano la perdita di tre diottrie in meno di una settimana; gli è stata finalmente riaccostata la figura dell’oca giuliva che le conferiva quell’aurea tanto sacra; gli è stato nuovamente abbinato l’antichissimo gioco a premi che ha appassionato generazioni per millenni…
Ancora una volta vi ho regalato la verità vera delle scienza.

A conclusione di questa entusiasmante puntata vorrei ringraziare in particolare Pietro Taricotto, Aleandro Cecchi Pavone, mio cugino e Samantha Fox.
In ultimo voglio regalarvi una precisazione: a volte potreste sentire la parola ruota associata a quell’elemento circolare proprio delle odierne automobili: niente di più sbagliato!
Quello è il pneumatico….ma è un’altra storia…

Calogero Fragaglia


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