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A cura del Prof. Omar Sciarbrun




COLOMBO: LA PARTENZA

Quel giorno, nel porticciuolo di Palos si era radunata una folla festante, sebbene la regina avesse cercato di far passare sotto silenzio quella che lei riteneva essere “una stupida ed inutile impresa”.
Cristoforo Colombo impartì tutti gli ordini necessari alla partenza tralasciando
quello che permetteva di sganciare le cime. Così la sua nave si avviò trascinandosi dietro, per oltre 2 chilometri, un pezzo di banchina con sopra 17 persone.
Quel giorno il telegiornale spagnolo minimizzò l’accaduto, dicendo che “un’innocente dimenticanza” aveva offerto una inaspettata minicrociera ad un gruppetto di persone venute al porto per assistere alla partenza dell’ammiraglio Colombo.
Dopo aver espresso il proprio cordoglio alle famiglie dei 17 inabissati, era passato allo sport.
Appena la nave uscì dal porto, Colombo, in preda ad un euforico entusiasmo, iniziò ad urlare una sequela di ordini per affrontare l’oceano; obbedendo ai suoi ordini i marinai mollarono il fiocco, mollarono il contro fiocco, mollarono la vela maestra ed infine, esasperati, mollarono un ceffone a Colombo, lo legarono alla sedia nella sua cabina e gli tapparono la bocca con una palla di cannone.
Sarebbe stato un viaggio lungo ed avventuroso.
Siamo in grado di ricostruire i primi giorni del viaggio grazie al diario di bordo, che l’ammiraglio Colombo compilava in maniera metodica e scrupolosa:
22 Aprile - Partiti.
Mai frase espresse tanto entusiasmo come questa appena letta, una frase pregna di speranza di successo, successo che avrebbe dimostrato l’esattezza delle sue teorie.
Lo storico Papale Ovvio azzarda l’ipotesi, nel suo libretto “Non lo so ma ci provo”, che la frase possa riferirsi al fatto che le navi si erano staccate dal porto e che quindi “a tutti gli effetti costoro erano adunque partiti”.
Gli altri giorni non segnalano novità rilevanti, come si può dedurre dal suo diario di bordo:
23 aprile - Mah!
24 aprile - Boh!
25 aprile - Sigh!
26 aprile - Ah!
27 aprile - Uh!
Da queste note sintetiche si può arguire che il viaggio procedeva normalmente e
si era entrati nella routine quotidiana.
Il 28 aprile, però, c’è un inaspettato cambiamento, come si evince subito dal diario:
28 aprile - Embè!!
Questa frase esprime tutta l’ansia di Colombo che ormai si aspettava di avvistare le Indie da un momento all’altro. Infatti, dopo un silenzio di qualche giorno, finalmente si legge:
2 maggio - Eccola!
Qui c’è un cambiamento repentino di umore, infatti si passa da una parola tronca con doppio punto esclamativo, quella del 28 aprile, ad una sdrucciola del 2 maggio, saltando a piè pari qualsiasi parola piana che avrebbe intiepidito questo euforico momento.
Su questa frase interviene, fra i tanti, anche lo studioso francese Anton Lesfighè nel suo celeberrimo libro: ”L’Ammiraglio Colombo, pelo e contropelo di un marinaio. Vita, opere, imprese, foruncoli, capelli, preferenze, scoperte e coperte”, volume di 325 pagine (di cui 270 per il titolo ed i sottotitoli) edito da Fallabòrd Editore.
Egli formula 4 ipotesi:
1- Con la parola “Eccola!” il Colombo esprimerebbe la sua soddisfazione nel trovare la pulce che lo tormentava da qualche giorno.
2- E’ la parola che pronuncia quando finalmente ritrova, sotto il tavolo, una moneta da 500 lire che aveva perduto una settimana prima.
3- Poichè la grafia di Colombo risentiva pesantemente dell’influsso dei geroglifici egiziani, il Lesfighè pensa che la parola non sia “Eccola!”, ma “Scola!”, parola che egli grida al cuoco di bordo, quando quest’ultimo gli annuncia che la pasta è al dente.
4- Esiste una sia pur minima possibilità ai limiti della fantascienza che, per quanto incredibile possa sembrare, questa frase si riferisca al fatto che Colombo crede di aver avvistato la terra all’orizzonte. Ma questa sembra, allo stesso Lesfighè, una teoria alquanto azzardata; d’altra parte lo stesso studioso propende più per la seconda ipotesi.
Continuiamo con il diario di bordo di Colombo:
3 maggio - No....
Qui viene espressa tutta la delusione dell’ammiraglio, delusione accentuata dai puntini sospensivi, messi lì quasi a prolungare quel no nel silenzio e non considerarlo come risposta definitiva.
Ad onor del vero non posso tacere la teoria dello storico polacco Ejeel Kwsrqwichkqs laureatosi all’Università di Cracovia in Arredamento delle Caravelle e Navigazione a naso. Nella sua poderosa opera di 82 volumi: “Orientarsi a testa e croce”, egli afferma che in realtà quei puntini sospensivi non sono altro che una serie di punti fissi, il che, com’è facilmente intuibile, cambierebbe enormemente il significato della frase.
In una accesa disputa con il già citato Lesfighè, il quale sosteneva che i puntini sono “una serie omogenea di sospensione e non possono assurgere ad autonomia individuale”, il Kwsrqwichkqs espose la sua teoria, a sostegno della quale egli citò i complicatissimi calcoli sull’ ”angolo di incidenza dello sputo controvento”, per spiegare la ragione per la quale i punti sono 4 e non, tanto per fare un esempio, 24.187.
Ma Kwsrqwichkqs fu costretto ad interrompersi perchè, mentre pronunciava il proprio cognome si incastrò con la mascella nella quarta costola. Fu portato d’urgenza all’ospedale, dove lo giudicarono guaribile in 35 minuti.
Questo incidente lo sprofondò in una crisi ideologica e per 14 anni girò per le strade di Parigi vestito da abecedario.

Ormai erano passati quasi 3 mesi e delle Indie nessuna traccia. A bordo si respirava un’atmosfera pesante. Il Colombo dava esempio di tranquillità e fiducia nei suoi uomini; si faceva passare il pranzo sotto la porta ed usciva a respirare un pò d’aria fresca solo la notte.
Ogni tanto percepiva il malcontento degli uomini, specie quando sentiva sibilare i coltelli alle sue spalle o a pochi millimetri dal suo naso.
Ormai eseguiva gli stessi gesti ogni giorno; praticamente controllava le sue carte tutto il giorno (solo una volta si accorse che mancava il nove di spade), e la sera usciva per andare a vomitare, come aveva fatto negli ultimi 90 giorni.
Ma la situazione era destinata a degenerare. Un giorno gli uomini decisero che aveva bisogno di un buon bagno rilassante e così lo convinsero, dopo averlo legato come un salame, che era meglio che si fosse buttato in acqua da solo, anzichè esservi spinto con le spade, ma l’ammiraglio, liberatosi, minacciò di far esplodere il sole in un lampo accecante.
Tutti si fermarono titubanti e Colombo alzando le braccia al cielo esclamò: ”O sole, diventa sempre più luminoso fino ad esplodere!”
Gli uomini quasi non respiravano per il timore. Proprio in quel momento ci fu un’eclissi di sole ed il giorno si oscurò.
Cristoforo Colombo fu immediatamente scaraventato in acqua.


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