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A cura di Dantino Cardillo



“Encefalo purificatore”

Se l’Inferno fosse donna,
senti a me, sarìa tua nonna
Grassa, laida, corta e tozza
Che pareami una tinozza
Se non prende la pensione
Picca foco a la stazione
E giù calci, pugni, sputi
Non c’è santo che t’aiuti.
Quando tosto vengo a cena
Non so mai cosa m’aspetta
Forse strilla, forse mena
Ma di certo magna e rutta
Ah, s’io fossi lo Signore, e lo mundo fosse mio
Spaccherei con un bastone quello capo stolto e rio
E porria cotàl cervello come insegna pel mio Ostello.
Se l’Inferno fosse donna
Senti a me, sarìa tua nonna.

Alberico Barabani



Questa stupenda poesia in perfetto stile duecentesco di A. Barabani risale a soli due anni fa ed è, probabilmente, la più bella in assoluto tra quelle da lui scritte e pubblicate nella raccolta ”Cadaveri e Papere”.
Grazie allo splendido componimento l’autore è stato insignito dello speciale premio “Decerebrus” a Pavia, classificandosi poi al primo posto, nella categoria “Stili e linguaggi ormai obsoleti”, al cinquantesimo Concorso della Poesia Interinale di Spoleto.
Chi volesse rivolgere domande all’autore può scrivere, o recarsi personalmente, al penitenziario Regina Coeli di Roma, nel quale Alberico Barabani deve scontare diciassette anni per minacce, lesioni multiple e tentato omicidio nei confronti della nonna della moglie; l’anziana signora, al culmine di incomprensioni e scontri verbali che si protraevano da anni, pare avesse definito l’ostello di cui Barabani era proprietario “Una lurida topaia puzzolente di letame raggrumato tramandatasi per generazioni fra impotenti maiali disgustosamente privi di palle ed amor proprio”, scatenando così la furia omicida dell’artista.



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