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Se l’Inferno fosse donna, senti a me, sarìa tua nonna Grassa, laida, corta e tozza Che pareami una tinozza Se non prende la pensione Picca foco a la stazione E giù calci, pugni, sputi Non c’è santo che t’aiuti. Quando tosto vengo a cena Non so mai cosa m’aspetta Forse strilla, forse mena Ma di certo magna e rutta Ah, s’io fossi lo Signore, e lo mundo fosse mio Spaccherei con un bastone quello capo stolto e rio E porria cotàl cervello come insegna pel mio Ostello. Se l’Inferno fosse donna Senti a me, sarìa tua nonna. Alberico BarabaniQuesta stupenda poesia in perfetto stile duecentesco di A. Barabani risale a soli due anni fa ed è, probabilmente, la più bella in assoluto tra quelle da lui scritte e pubblicate nella raccolta ”Cadaveri e Papere”. Grazie allo splendido componimento l’autore è stato insignito dello speciale premio “Decerebrus” a Pavia, classificandosi poi al primo posto, nella categoria “Stili e linguaggi ormai obsoleti”, al cinquantesimo Concorso della Poesia Interinale di Spoleto. Chi volesse rivolgere domande all’autore può scrivere, o recarsi personalmente, al penitenziario Regina Coeli di Roma, nel quale Alberico Barabani deve scontare diciassette anni per minacce, lesioni multiple e tentato omicidio nei confronti della nonna della moglie; l’anziana signora, al culmine di incomprensioni e scontri verbali che si protraevano da anni, pare avesse definito l’ostello di cui Barabani era proprietario “Una lurida topaia puzzolente di letame raggrumato tramandatasi per generazioni fra impotenti maiali disgustosamente privi di palle ed amor proprio”, scatenando così la furia omicida dell’artista. |