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ATTENZIONE!! Se pensate che il linguaggio usato in questo romanzo sia troppo crudo, fatelo cuocere a bagnomaria per altri venti minuti.

CAPITOLO II

Il mio nome è Zymyrsky, Jeff Zymyrsky e sono investigatore privato, mia madre era una polacca, mio padre un mocassino. In origine il mio nome era Zhmrspyhzsyybwskyy, ma dopo l'incidente alla mascella l'ho dovuto cambiare in quello attuale. Non c'è niente di più bello di ciò che piace! (Questa frase non c'entra niente, ma mi piaceva). C'è gente che, per farsi, si spara le canne o sniffa, io sono fatto così. Mio padre voleva fare di me un affermato arrotino o in alternativa un lottatore di Sumo. Il primo non l'ho potuto fare perché la ruota per affilare i coltelli fu usata come ruota di scorta dell'auto. Per il secondo non avevo il fisico adatto: sono alto 1,80 e peso 36 Kg.
Quel giorno ( voi sapete quale, vero? In caso affermativo fatemelo sapere perché ultimamente ho dei vuoti di memoria).
Quel giorno, dicevo, mi trovavo nel mio ufficio: una stamberga così piccola che definirla "buco del culo", può dare l'idea di spazi aperti ed immense praterie, in confronto alle effettive dimensioni della stanza. In fondo però, ci vivo bene, basta evitare alcune cose, per esempio allargare ambedue le braccia senza prima aver aperto porta e finestra, fumare sigarette troppo lunghe ed avere erezioni.
Ero profondamente concentrato sulla mia ultima indagine, il caso Kriegmann, risolto felicemente 27 anni prima quando ritrovai il barattolo di marmellata scomparso.
All'improvviso aprii gli occhi e la vidi, stagliata nel vano della porta. Alta, bionda e pericolosa, aveva le stesse misure di Cindy, la mia ultima ragazza : 90, 60, 92.
Peccato che Cindy avesse 90 di girocollo, 60 di seno e 92 di altezza. Ma torniamo alla bionda misteriosa. Entrò… o meglio finì di entrare seguendo il suo seno e si sedette accavallando le gambe.
- Tu sei Zymyrsky Vero ? - era il tipo che salta subito alle conclusioni,
- E tu chi sei? - Le chiesi di rimando.
- Mi chiamo Eva Strandberg… -
- Eva Strandberg? La moglie del miliardario trovato impiccato con 3 coltelli infilati nella schiena, un foro di proiettile in mezzo agli occhi e con in mano un biglietto con scritto "Voglio cambiare vita" , e che la polizia ha archiviato come morte naturale dovuta ad arresto cardiocircolatorio, quella Eva Strandberg? -
- Esatto -
Ero sbalordito, cosa poteva volere una pupa di quella classe da me? Ero dunque così famoso?
- Ho scelto un nome a caso sull'elenco ed è capitato il tuo -
Ecco chiarito il mistero.
Beh! Non vi racconto tutto ciò che ci siamo detti. Vi basti sapere che mi disse che lei sospettava qualcosa di più di un semplice decesso per cause naturali e che io accettai il caso. Ma diffidavo anche di lei. Appena la tipa fu uscita, le diedi 10 secondi di vantaggio ed uscii pure io. Non si era accorta che, salutandola, le avevo infilato un trasmettitore nella narice sinistra: sarebbe stato un gioco seguire le sue mosse. Per non dare nell'occhio mi vestii in modo anonimo: cappello rosso sangue a falde larghe, impermeabile beige con strascico, stretto in vita da una cintura. Ed occhiali neri, naturalmente.
Uscendo inclinai la testa di lato per permettere alle falde di seguire il resto del cappello e chiusi la porta dopo essermi assicurato che tutto l'impermeabile fosse fuori.
Per la strada notai Eva che si avviava a piedi verso la 7° Avenue. La seguii senza dare nell'occhio, usando il doppio passo alternato: due passi con il piede sinistro e due con il piede destro.
All'improvviso Eva entrò in un garage e pochi secondi dopo ne uscì un uomo. Mille domande affollarono la mia testa. Chi era quell'uomo? Un complice? Un ricattatore? Perché si guardava a destra e a sinistra e, soprattutto, perché solo quando attraversava la strada? Anche il suo modo di vestire, cappello, giacca e pantaloni scuri, mi insospettì; così lo raggiunsi alle spalle, gli appoggiai la mano sulla clavicola sinistra e lo feci girare verso di me (Questa mossa l'ho imparata dal mio sarto). E gli dissi con tono minaccioso:
- Allora, bel tomo, ora mi dici subito chi sei e che cosa ci fai qui!! -
Era Padre Williams, il parroco del mio quartiere ed era stato a trovare una vecchia parrocchiana. Soddisfatta la mia curiosità e raccolto sull'asfalto quel che rimaneva dei miei occhiali, rivolsi la mia attenzione di nuovo ad Eva, tamponandomi l'occhio sinistro con il fazzoletto. Proprio in quel momento stava uscendo dal garage alla guida della sua utilitaria 7.500 di cilindrata, girò a destra ed iniziò ad allontanarsi. Fulmineamente feci un balzo verso la mia auto ed iniziai a seguirla; però, nonostante schiacciassi l'acceleratore a tavoletta non riuscivo a starle dietro. Circa venti minuti dopo, quando mi accorsi che, nella fretta, avevo dimenticato di accendere il motore, era troppo tardi: l'avevo persa.
Però il trasmettitore mi segnalava la sua presenza nei dintorni; così partii, seppure in ritardo, ed iniziai a seguire il segnale. Andai a destra, dritto, a sinistra, di nuovo a destra, sotto un ponte, sopra un cavalcavia e, dopo qualche ora, mi fermai davanti ad un vecchio palazzo dall'aria vagamente familiare. Scesi dall'auto ed entrai in un portone; il segnale era sempre davanti a me. Così salii le scale fino al primo piano: il segnale proveniva dall'interno 5. Sfondai la porta con un calcio… e mi trovai nel mio ufficio! Fu in quel momento che mi accorsi del trasmettitore sulla punta del mio naso. Dunque quelle strane macchie luminose davanti agli occhi che avevo notato fin dal primo pomeriggio non dipendevano da un improvviso calo di zucchero nel sangue.


***Illustrazione di Alessandro Colantuono***

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