|
Quante volte ci capita di assistere
a situazioni o avvenimenti inspiegabili?
Chi di noi non si è mai trovato di fronte ad eventi che sfuggono
ad ogni legge conosciuta, rimanendo avvolti nella densa nube
del Mistero?
Questa rubrica si propone di portare alla vostra attenzione
alcuni dei più sconcertanti ed oscuri casi di questo tipo, omettendo
qualsiasi commento in merito e lasciando a voi la possibilità
di dare, esclusivamente sulla base dei fatti, un’interpretazione
dell’arcano mistero che li circonda. |
L'ORA
DEL LUPO
In questo numero avremo l'assurda testimonianza di un boscaiolo
beneventano, Antonio Pallonaro, che nel 1992 terrorizzò l'opinione
pubblica sostenendo di aver assistito ad un caso di licantropia,
le cui conseguenze ebbero peraltro anche dei risvolti drammatici.
Oggi, a distanza di dieci anni e con le indagini in merito definitivamente
concluse, ascoltiamo ancora una volta la sua incredibile versione
dei fatti:
"Io sono solo un semplice boscaiolo, un uomo umile ma autentico
e sincero. Non posso provare ciò che vi dirò, e non pretendo
che la gente mi creda, che voi mi crediate, ma vi prego di ascoltare
senza pregiudizi questa storia che, per quanto assurda, terrificante
e sconvolgente, è e rimane comunque una storia vera.
Stavo abbattendo un pioppo a mani nude nel bosco di San Donato,
presso Benevento, quando ad un tratto, guardando il mio Rolex
in oro, mi accorsi che si era fatto piuttosto tardi; erano infatti
già le dieci e trentacinque, e non mi ero reso conto di come
il sole stesse quasi per tramontare. Lanciai allora un urlo
a Giannino, mio suocero e collega, facendogli segno che era
ora di tornare a casa. Giannino era un uomo rude e forte, una
volta aveva ucciso un orso bruno tirandogli un calcio nei testicoli,
ed era capace di trasportare una quercia con un solo braccio,
mentre intanto con l'altro si masturbava o costruiva una baita
abusiva senza che ciò gli costasse alcuna fatica. I nostri rapporti
erano buoni, gli antichi screzi si andavano attenuando, le ferite
da fucile a canne mozze sul mio corpo erano ormai quasi sparite
e potevamo anche bere una buona birra insieme senza più sfregiarci
il viso con i frammenti delle bottiglie. Certo era sempre stato
un tipo severo, con la cinghia facile, specialmente quando si
trattava della figlia, cioè mia moglie; ma dopo il nostro matrimonio
aveva messo da parte il bastone chiodato ed io potevo persino
rivolgergli la parola senza dovermi imbottire di analgesico.
Giannino mi raggiunse, addentando una quaglia cruda, e ci incamminammo
verso casa, che distava dal bosco circa quarantacinque minuti
di cammino.
Conoscevamo quel bosco come casa nostra. Ricordo che ormai quando
passavamo le lontre applaudivano ed aprivano le piume facendo
la ruota, i conigli ci giravano intorno urlando e facendoci
festa, e spesso gli struzzi, notoriamente timidi e schivi, uscivano
dalle loro tane portandoci le prede che avevano cacciato come
segno della loro amicizia. Io e Giannino ci sentivamo al sicuro
lì, e mai avremmo immaginato che cosa sarebbe successo quella
sera.
Ad un tratto, infatti, quando eravamo a metà del cammino, sentimmo
un fortissimo ululato provenire dalla nostra destra; vi assicuro
che io, che pure avevo fatto la guardia forestale a Taranto
per anni e conoscevo tutte le specie di lupo esistenti, mi resi
subito conto che quell'ululato era innaturale, sembrava provenire
da un lupo che avesse le corde vocali simili a quelle di un
umano, ma un umano grosso, calvo, di media statura, sposato,
sui cinquant'anni circa. Ricordo che perfino Giannino, che una
volta aveva ucciso un toro con una testata dopo averlo violentato,
ebbe un fremito di paura.
|
Il disegno della belva fornito
da
Pallonaro alla polizia |
Mentre procedevamo con cautela aiutandoci
con una vecchia torcia, ci accorgemmo che delle grandi frasche
davanti a noi si muovevano violentemente, ed all'improvviso
si parò davanti a noi, ringhiando, la creatura più strana che
si possa immaginare: alta circa due metri, stava ritta sulle
due gambe, verdi, grosse, pelose, e sul bacino indossava i brandelli
di un jeans di marca con fibbia di pelle firmata; il tronco
era incredibilmente muscoloso, verde, e praticamente coperto
di peli lunghissimi e spessi, mentre la testa- Oh Signore- la
testa era quella di un lupo nostrano, con canini lunghi ed affilati,
gli occhi fiammeggianti come vulcani in eruzione ed il naso
grosso ed umido. La coda era enorme, come quella di un dinosauro,
ed i piedi, affusolati, culminavano in mostruose unghie, lunghissime,
gialle e dure come quelle di mio cugino Umberto in inverno.
La paura che provai fu indescrivibile, e ricordo solo vagamente
ciò che successe dopo. Giannino certamente cercò di intimorirlo
facendo ruotare vorticosamente la sua ascia bipenne, ma la creatura
continuò ad avvicinarsi. Poi…mi sembra che quel…quel lupo mannaro,
forse spinto da fame irrefrenabile, abbia proteso le sue orrende
zampacce verso di me e mi abbia preso di mano la scure, con
cui evidentemente ha fatto a pezzi il povero Giannino. Ma Giannino,
uomo coraggioso, pur preso alla sprovvista si è difeso- ah certo-
e forse cercando di respingere l'attacco di quell'immonda creatura
deve aver involontariamente colpito anche me, mozzandomi quasi
un braccio…Devo essere svenuto, non so perché il licantropo
mi abbia risparmiato la vita, portandosi via quella di Giannino
insieme al suo portafogli, e non so nemmeno perché abbia cercato
di occultarne il cadavere…So solo che il mattino dopo mi sono
svegliato lì, ferito, spaventato, con i vestiti intrisi del
sangue del mio povero suocero, e da allora non riesco più a
trovare pace. Se fra voi c'è qualcuno che crede alla mia storia,
cerchi di contattarmi, per favore, e di aiutarmi a trovare le
prove, affinché possa farmi una ragione di questa terribile
vicenda".
La tragica testimonianza termina qui. Del lupo mannaro del beneventano
non è stata più trovata alcuna traccia ma noi, riproponendo
la sconvolgente storia di Antonio Pallonaro, siamo certi di
aver contribuito a dargli ancora un appoggio ed una speranza,
lì, nel carcere di Poggioreale dove si trova da dieci anni,
augurandoci che un giorno possa essere ristabilita la verità.
|
|
|
|
|
|
|