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A cura del prof. Antinolfo Saltinuzzeri

Gli occhiali da vista
- Seconda parte -

Eccoci arrivati alla seconda parte della storia degli occhiali da vista. Nella puntata precedente abbiamo visto cose che non avremmo mai voluto vedere ed abbiamo sentito cose che il cielo ci scansi; oggi parleremo degli occhiali dal Rinascimento ai giorni nostri.
Come tutti sanno, il Rinascimento è un periodo che trasuda arte da tutti gli orifizi. Artisti polivalenti come Leonardo da Vinci e Veronico da Costanzuola, tanto per citare i due più rappresentativi, fanno scalpore per i loro studi, oltre che per le loro opere d'arte. Ed è proprio in questa atmosfera che gli occhiali da vista hanno il loro balzo in avanti.
Poiché all'epoca c'era più arte che scienza gli occhiali venivano dipinti sul volto delle persone con problemi da vista. Gli artisti che si dedicarono a questo genere, di solito si facevano pagare otto denari e per questo furono chiamati ott-ici. Una coppia di ottici veniva chiamata sedici, tre ottici ventiquattrici e così via.
Nel secolo dei lumi Apollinaire, figlio di Apellinaire studiò gli occhiali a molla che, pur essendo privi di stanghette, si mantenevano sul naso grazie ad una molla, detta "stringinaso" se a pronunciare questo nome era uno senza occhiali, altrimenti era detta "striggidaso". I primi tempi, invece della molla, l'Apollinaire aveva usato un morsetto da falegname, ma, quando si rese conto che questo sistema impediva alcune operazioni di secondaria importanza come respirare col naso o pronunciare frasi del tipo "Mamma mia come mi annoio!" (che veniva pronunciata "Babbabia kobe bi addohio!"), rivolse la sua attenzione ad una molla, naturale evoluzione della puleggia sparasassi disegnata dal Leonardo per la difesa delle città poste sotto assedio.
Nel XIX secolo un aristocratico, Camillo, Benso conte di Cavour ma non ne sono sicuro, divenne un accanito utilizzatore degli occhiali stringi naso, e fu allora che iniziarono a diffondersi e, grazie ad abili artigiani assunsero le forme più disparate: a zampa di elefante; a 16 valvole; a farfalla; ecc…
Naturalmente le lenti erano dei semplici vetri, che non correggevano un tubo, ma le persone più suggestionabili dichiaravano di vedere meglio.
Nel XX secolo, finalmente Johan Spentocky (detto Ocky Spent dai suoi denigratori), capì che il nocciolo della questione erano le lenti, e così iniziò a graduarle. Sulla base degli studi del Galileo egli costruì le prime lenti a cui mise il grado di Caporalmaggiore e, per provarle, si recò a Pisa e le gettò dalla Torre: continuò a vedere male. Dopo 10 anni di studi accaniti capì che per vedere meglio le lenti non doveva buttarle dalla Torre di Pisa, ma metterle davanti agli occhi. Per tenerle ferme coinvolse anche le orecchie ed inventò le stanghette. Certo, i primi tempi non erano molto precise e le stanghette alcune volte riuscivano troppo lunghe (infatti c'era l'obbligo della targa da appendere alla parte posteriore delle stanghette); ma in seguito con la nuova filosofia del "damose una calmata" finalmente riuscì a confezionare degli occhiali con le stanghette della giusta misura: Erano nati gli occhiali moderni!
Da allora sono stati fatti notevoli passi in avanti, fino ad arrivare alle attuali lenti a contatto ed alle operazioni per correggere i difetti della vista. Alcuni scienziati hanno già studiato un microchip da installare nell'occhio e che corregge tutti i tipi di difetti visivi, insomma un vero e proprio computer;
l'unico problema è: dove ficcare il mouse?
Questa, in sintesi, è la storia degli occhiali da vista dai primordi ai giorni nostri. Ma come funzionano?
Le immagini, attraverso l'occhio, entrano, tra l'altro senza bussare, e si spiaccicano in una zona del cervello che le rovescia (e chi soffre di nausee sa cosa intendo!); e noi camminiamo, vediamo films ed abbiamo rapporti sessuali con queste immagini sempre rovesciate, ma ormai nessuno ci fa più caso!
Qualche volta, però, succede che, per un difetto di fabbricazione dell'occhio, o per un uso improprio dello stesso, per esempio giocarci a ping pong, succede, dicevo, che l'immagine si mette a fuoco prima di raggiungere il fondo oculare (si può dire, non è una parolaccia) e quindi l'occhio, anzi, quell'occhio non vede bene ed ha bisogno di lenti correttive. Io credo che molte volte questo problema dipenda dalla pigrizia dei muscoli dell'occhio. Infatti, se quella immagine, invece di mettersi a fuoco prima del fondo oculare (si può dire) si mettesse a nudo prima del fondo oculare (s.p.d.) sono sicuro che i muscoli dell'occhio farebbero di tutto per vedere nitidamente!
Spero di essere stato chiaro; ci .. ahem … vediamo la prossima volta su Frattaglie.
A proposito se avete delle domande sul funzionamento di qualsiasi cosa, non esitate a scrivermi presso Frattaglie!
Ciao.