Gentile sig. Asdrubale,
anche a me, ogni tanto, sorgono dei dubbi lancinanti, soprattutto
sullo scopo ultimo dell'esistenza dell'uomo nell'Universo. Chi siamo?
A cosa siamo destinati? Come mai esistiamo? E, in primis, come si
fa a confondere il mio cognome (Saltinuzzeri), pregno di storia
nel campo scientifico-artistico-culturale, con quel Fecola dispensatore
di gozzoviglie?
Ma lasciamo perdere e rispondiamo al suo quesito, tralasciando la
prima deviante parte della lettera. Come al solito, prima di dare
la spiegazione scientifica del funzionamento delle
lenti da vista,
traccerò una breve storia delle suddette.
Le prime
lenti da vista di cui si abbia notizia risalgono al primo martedì
del Pleistocene. Esse erano costituite da due elementi: foglie di
fico ed una persona con la vista buona. Esse funzionavano così:
l'ominide che si accorgeva di avere problemi di vista si copriva
gli occhi con due foglie di fico e, non essendo stata ancora inventata
la montatura, se le attaccava agli occhi con sterco di brontosauro,
quindi si faceva guidare da un altro ominide con la vista buona
(che veniva pagato profumatamente).
Come si può facilmente intuire,
solo gli ominidi facoltosi potevano permettersi questo tipo di lenti.
Inoltre, se l'ominide con la vista buona aveva anche lui problemi
di vista, per contratto il primo ominide gli doveva procurare due
foglie di fico, 500 grammi di sterco di brontosauro ed un altro
ominide con la vista buona che guidava ambedue. Se anche al terzo
veniva meno la vista il primo doveva procurarsi un altro ominide-vista
buona che avrebbe guidato i tre vista-minorata e così via. Ci fu
un caso in cui si formò un trenino di 27 ominidi che camminavano
tenendosi per mano.
Nell'epoca romana si preferiva non dire niente dei propri difetti
di vista per motivi di orgoglio personale, ma ogni tanto qualcuno
andava a sbattere contro qualche colonna,
e furono proprio questi
incidenti, sempre più frequenti, che dettero origine al nome miopia.
Infatti c'erano persone che, vedendo qualcuno che, passeggiando,
puntava verso una colonna, ci scommettevano su al grido di
"Moapìa,
moapìa" (Ora la prende, ora la prende) alludendo alla colonna.
Solo nel primo rinascimento il termine si trasformò da moapia-moapia,
in miopia-miopia.
Alcuni anni dopo, a causa di una disastrosa carestia, per evitare
sprechi, da miopia-miopia si passò a: miopia. Nel medioevo la miopia
misteriosamente sparì e sembrava che tutti avessero dieci decimi.
Lo studioso ungherese Nonvehedo Untùbb nel suo capolavoro 'Lenti
da vista - Veloci da udito', ipotizza che nel medioevo non ci fossero
miopi perché la miopia era considerata alla stregua della stregoneria
e punita con il rogo; e così tutti avevano una vista d'aquila. Nel
prossimo appuntamento discuteremo dei problemi di vista dal rinascimento
fino ai giorni nostri.