Chi siamo Perchè dovete...
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A cura del prof. Antinolfo Saltinuzzeri
Gentile prof. Fecola,
ho sempre seguito con estremo interesse la sua rubrica. Fin da bambino mi sono sempre chiesto come fa l'aquilone a rimanere sospeso in cielo, e, più in particolare: come fa l'aquilone degli altri a rimanere sospeso in cielo, mentre il mio non è mai riuscito ad alzarsi di un solo miserabile centimetro? Ormai alla mia età, 79 anni, mi sono arreso. Come avrà intuito, la domanda che intendo fare è: Come funzionano gli occhiali da vista?
Grazie.

Asdrubale De Casinis

Gentile sig. Asdrubale,
anche a me, ogni tanto, sorgono dei dubbi lancinanti, soprattutto sullo scopo ultimo dell'esistenza dell'uomo nell'Universo. Chi siamo? A cosa siamo destinati? Come mai esistiamo? E, in primis, come si fa a confondere il mio cognome (Saltinuzzeri), pregno di storia nel campo scientifico-artistico-culturale, con quel Fecola dispensatore di gozzoviglie?
Ma lasciamo perdere e rispondiamo al suo quesito, tralasciando la prima deviante parte della lettera. Come al solito, prima di dare la spiegazione scientifica del funzionamento delle lenti da vista, traccerò una breve storia delle suddette.
Le prime lenti da vista di cui si abbia notizia risalgono al primo martedì del Pleistocene. Esse erano costituite da due elementi: foglie di fico ed una persona con la vista buona. Esse funzionavano così: l'ominide che si accorgeva di avere problemi di vista si copriva gli occhi con due foglie di fico e, non essendo stata ancora inventata la montatura, se le attaccava agli occhi con sterco di brontosauro, quindi si faceva guidare da un altro ominide con la vista buona (che veniva pagato profumatamente).
Come si può facilmente intuire, solo gli ominidi facoltosi potevano permettersi questo tipo di lenti. Inoltre, se l'ominide con la vista buona aveva anche lui problemi di vista, per contratto il primo ominide gli doveva procurare due foglie di fico, 500 grammi di sterco di brontosauro ed un altro ominide con la vista buona che guidava ambedue. Se anche al terzo veniva meno la vista il primo doveva procurarsi un altro ominide-vista buona che avrebbe guidato i tre vista-minorata e così via. Ci fu un caso in cui si formò un trenino di 27 ominidi che camminavano tenendosi per mano.
Nell'epoca romana si preferiva non dire niente dei propri difetti di vista per motivi di orgoglio personale, ma ogni tanto qualcuno andava a sbattere contro qualche colonna, e furono proprio questi incidenti, sempre più frequenti, che dettero origine al nome miopia. Infatti c'erano persone che, vedendo qualcuno che, passeggiando, puntava verso una colonna, ci scommettevano su al grido di "Moapìa, moapìa" (Ora la prende, ora la prende) alludendo alla colonna. Solo nel primo rinascimento il termine si trasformò da moapia-moapia, in miopia-miopia.
Alcuni anni dopo, a causa di una disastrosa carestia, per evitare sprechi, da miopia-miopia si passò a: miopia. Nel medioevo la miopia misteriosamente sparì e sembrava che tutti avessero dieci decimi. Lo studioso ungherese Nonvehedo Untùbb nel suo capolavoro 'Lenti da vista - Veloci da udito', ipotizza che nel medioevo non ci fossero miopi perché la miopia era considerata alla stregua della stregoneria e punita con il rogo; e così tutti avevano una vista d'aquila. Nel prossimo appuntamento discuteremo dei problemi di vista dal rinascimento fino ai giorni nostri.

Fine prima parte