Chi siamo Perchè dovete...
N. 23: Editoriale Un occhio all'arte... Nuovi gruppi sanguigni La poesia Il fotomontaggio Lo sport che non ti aspetti I grandi classici La posta del fegato
Freezer | Oroscopone | Il Fotomontaggio | Frattaglie Audio e Video | Supertest | Frattaglie dal Web | Sacri Testi

Freezer Indovina chi abbiamo a cena Home
A cura di Tania Tuttamore



ARETHUSA RAWALBINDI

Questa sera sono arrivata un’ora prima!
Per paura di incontrare traffico sulla Bretella Roma/L’Aquila/Palermo sono uscita con più di tre ore di anticipo e con una Moto Guzzi del ’49 che va a propano impoverito. Me ne sono accorta solo arrivata al ristorante, anche perché due clienti stavano ridacchiando del mio accappatoio fucsia con gli strass dorati e degli slip verdi di Paperino. Ho parcheggiato la moto in una discarica proprio accanto al Ristorante Quagliarulo, tanto nessuno si dovrebbe accorgere che il bollo è scaduto da trentasette anni.
Poco dopo, mentre io ho indossato una divisa da majorette dimenticata da un tailandese di passaggio, arriva la mia assistente che mi comunica scrivendo su una lavagna luminosa (può muovere solo la mano sinistra e la gamba destra a causa di uno shock anafilattico lieve all’osso sacro) che la mia ospite sta scendendo dal taxi.
Arethusa Rawalbindi
Infatti, dopo mezz’ora, entra lei, Arethusa Rawalbindi, bellissima, conturbante, e, sebbene sia alta solo un metro e trentotto centimetri, e abbia un bollino nero in fronte come quello delle banane, è considerata tuttora una delle top-model più richieste dagli stilisti eterosessuali di tutto il mondo (forse sarà per questa ragione che non lavora un granché!). Prontamente si scusa del ritardo, in un inglese con accento indiano, biascicando come se avesse in bocca la gomma di un tir, ma ha dovuto pagare il taxi che l’ha accompagnata a Roma da Bombay, tutto in contanti! Eh, modelle!
Ci possiamo accomodare ad un tavolo con la vista sulla discarica, perché i posti davanti ai cessi vanno ormai così tanto di moda che c’è bisogno della prenotazione sei mesi prima. Mah, forse sarà un segno!
Il cameriere, affascinato, porge ad Arethusa il menù e a me un bastone nero e bianco. Incomincio a farlo roteare ma con scarsi risultati, allora desisto. Poggio il registratore sulla tovaglia porpora, con sopra delle stampe di scene bucoliche (una caccia al muflone, un satiro che rincorre una bagnante, due donne che tentano di sgozzare un cigno, ecc.), dico alla mia assistente di riaccendere l’apparecchio acustico, e incominciamo l’intervista.

Tuttamore: Com’è la vita di una top-model del suo livello?
Rawalbindi: Non ne ho idea. La mia carriera è stata così rapida e inaspettata che ancora sono convinta di essere una semplice ragazza-madre. Ho tanti sogni da realizzare, tanti posti da visitare, tanti letti nei quali passare. E poi la passerella non fa per me: tutte quelle ossute divoratrici d’insalata che ti guardano come se non ci fosse altro nella vita che soldi, sesso, droga e vestiti. No, io voglio fare altro, voglio scolpire, dimostrare al mondo che c’è qualcosa oltre al mio corpo, che dentro di me c’è creta viva. E quando avrò abbastanza soldi da potermi permettere un tornio all’uranio, smetterò di indossare vestiti a pagamento.
Tuttamore: Mi faccia capire bene: lei quindi vorrebbe lasciare il fascinoso mondo della moda per dedicarsi alla scultura?
Rawalbindi: Certo, oppure imparare a fare case di bambole. Fin da piccola ho sempre avuto una passione per tutto quello che si poteva modellare, come il pongo, la pasta abrasiva, il dentifricio, la religione, le sistole. Non le ho mai fatto vedere qualche mia composizione?
Tuttamore: Non saprei. Ci siamo conosciuti solo stasera?

Arethusa apre il suo vestito all’altezza del seno, facendo alzare la pressione (e non solo!) a due avventori del locale, e tira fuori una fotografia raffigurante due mezze colonne di bronzo. La mia assistente incomincia a soffiare dal naso, e io capisco che sta ridendo compiaciuta.

Tuttamore: Bellissimo… Che cos’è?
Rawalbindi: E’ una colonna di bronzo tagliata a metà.
Tuttamore: Ah, capisco. Ma simboleggia altro? Che ne so? La divisione dello spirito e della materia? Un conflitto interiore? La passione tormentata per qualcuno? Uno spazzino comunale?
Rawalbindi: No, è solo una colonna divisa in due. Avevo voglia di rompere qualcosa quel giorno…
Tuttamore: Ecco! E come si può conciliare la sua passione col suo lavoro?

Intanto, è arrivata una porzione di pollo Tandoori, tipico piatto indiano, che il cuoco ha preparato con amore, anche se ha usato della carne in scatola e delle fettine di istrice alle olive. Sopra si stende uno strato verde di materia organica, molliccia, simile a repellente per insetti, quindi nessuno di noi osa toccare le pietanze con le mani, preferiamo mangiare il pane, e i tovaglioli in crema di riso essiccata.

Rawalbindi (inghiottendo uno stuzzicadenti): Uhm… Vediamo. Potrei scolpire i vestiti sul corpo delle modelle, usando un compasso e foglie di canapa indiana, oppure scolpire direttamente i corpi delle modelle con un grosso scalpello appuntito. Penso che molte di loro lo gradirebbero.
Tuttamore: Temo che farebbe loro del male. Non pensa alle conseguenze?
Rawalbindi: Quali conseguenze? Per secoli noi donne indiane abbiamo sperimentato gli effetti del cherosene infiammato sulla nostra pelle senza emettere un solo lamento, anzi continuando a svolgere le attività domestiche. E volete che un misero punteruolo possa intaccare la forte tempra occidentale? Ma andiamo! Che razza di donne siete? Io sto parlando di scultura, di armonia di forme, di linee perfette e complete, di materia che prende vita da un blocco di melma informe e primordiale, non di morte cellule cerebrali che vengono portate in giro da uno smagliante sorriso.

Arethusa, intanto, si è alzata e passa tra i tavoli creando delle forme bizzarre con i toupet dei signori o con le pellicce delle signore: un tonno, delle calzamaglie, un pacco di pasta all’uovo, l’ex ministro Pecoraio Scanio, un bollettino postale. Devo ammettere che è strepitosa. Poi torna indietro e prende la sua borsa, il mio scialle, il cappello della cassiera e s’avvia verso l’uscita.

Rawalbindi: Ora vado. Non ho tempo da perdere, devo salvare la mia famiglia da un monsone. Mi ha fatto molto piacere conversare con voi, signore, ma purtroppo lei non è materia, non genera visione.
Tuttamore: Io? Perché?
Rawalbindi: Non nego che lei si potrebbe stagliare lungo l’immaginario collettivo, apparendo perfino una figura corposa e ben proporzionata, ma non si può intaccare l’ordine delle cose solo per far piacere al tuo agente, solo per non destare le ire da Kalì. Non funzionerebbe. Forse… la sua assistente. Nel suo mutismo è contemplata una qualche sorta di genio. E poi quei vasi all’entrata sono così vacui, ricordano le sculture del Caramello, del Bisante, di Giordanone. Lei li conosce, vero? Addio, ora non mi vedrà più, perché sublimerò nella pura essenza del marmo. Addio. TAXI!

E Arethusa scivola sinuosa verso l’uscita pestando i piedi a due camerieri e credendo fermamente di essere una cariatide. Che donna!
Sono delusa: ha detto che non genero visione. Mi intristisco, anche se forse ha ragione. Perfino la mia assistente, alla quale ci si riferisce di solito come a “lo strano gonfiore”, avrebbe una sorta di genio. Usciamo dal locale, sono sempre più pensierosa. Devo fare qualcosa per rimediare. Riprendo la Moto Guzzi e la mia assistente monta dietro. Alla prima curva, la spingo e lei ruzzola sonoramente in un campo di cardi velenosi senza emettere un grido. Mi sento decisamente meglio: ora ho generato visione, o qualcosa di molto simile. Alla prossima!



Top

Approved by Frattaglie